Preti Pedofili: universo sonoro perfettamente compiuto e di fascino assoluto

 studenti in erba

Preti Pedofili – Foggia

Ogni settimana “Studeni in erba” cercherà di portarvi quanto di più insolito, burbero, fascinoso e intrigante  c’è nell’ infinita costellazione underground italiana. Musica, poesia, arte che sia.

by Giuseppe Iacobaci

Lo ammetto, mi sono accostato ai Preti Pedofili con un briciolo di ironico distacco. Mi aspettavo i classici ragazzini ‘contro’ desiderosi di far colpo con qualche slogan e un po’ di quel sarcasmo facilone e vagamente cerebroleso che va tanto di moda sui social network.

È stato bello scoprire di avere così vergognosamente torto. Quello che mi sono trovato davanti è un universo sonoro perfettamente compiuto e di fascino assoluto, privo di quell’ironia postmoderna che odio in tanta fuffa che circola. ‘Faust’ è un album (non un ep) fatto di atmosfere fosche e chitarre taglienti, testi cupissimi e poetici -nel senso più semplice e meno pretenzioso del te. Magari non saranno d’accordo con queste etichettine, i giovanissimi foggiani, ma ho trovato la lezione della migliore new wave nascosta fra questi solchi, senza peraltro le pose inutili da Bohémien Cum Mastercard di certi fighettini in minore (e cerone) resuscitati dagli anni ottanta e virati seppia alla buona occasione. E poi, grazie a dio, del salvifico graditissimo punk (la sporcizia generale dell’approccio), del noise (per certi impasti chitarristici) e persino il migliore metal  tecnicismi, sempre dominantissimi e funzionali al progetto, frutto di sapienza e mai di mero esibizionismo; ma quanti anni hanno questi vecchi saggi?): influssi tutti perfettamente attualizzati, su ritmiche spietate, a venare l’intero album di una claustrofobica rabbiosa disperazione priva di vie d’uscita. Come un satanismo pagano, privo di contro rituali, senza appigli, numerologie o (contro) misticismi. Più ira esistenziale che cieca bestemmia contro chissà quale divinità non pervenuta. Una formula nera e “malvagia” quindi, ma gestita con raro pragmatismo meccanicistico per raccontare le miserie della condizione umana. E c’è quindi, soprattutto, vero pathos, fatto di parole concrete ed evocative, vera e vissuta scrittura, a distinguere queste canzoni dalle trappole della banalità, degli incasellamenti e dei generi di riferimento; a parte qualche eccesso nella seconda parte dell’album, il lessico dei testi è gradevolmente misurato e concreto, ben dosato, e la scrittura in genere non suona mai forzata, sempre perfettamente in linea con le intenzioni del brano, cosa quanto mai rara. Il tutto è ben confezionato in un concept faustiano che tiene alta la tensione fra un brano e l’altro e quadra il cerchio, restituendo alla sigla della band l’onore di un significato ben più profondo di quello mal percepito inizialmente: il racconto dell’innocenza violata dal potere. I trenta minuti, a dispetto di quanto detto, scorrono lisci e gradevolissimi, vari e dinamici, senza annoiare un solo istante. Un album da lodare soprattutto per la capacità e il coraggio di veicolare significati nel contesto musicale beota e puttanesco del qui e dell’ora. Personalmente ritengo che sia l’unica strada percorribile, perché non ha senso creare inutilità; ma pare che siamo rimasti in pochissimi a pensarla così. E allora, facciamo un inchino grato a questa giovane band foggiana dalle grandi speranze. Preti Pedofili

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